L’aspetto arcaico delle
maschera costruite con la carta pesta rendono più regressiva l’esperienza. Spesso
i volti sono quasi deformi ed evocano immagini primitive di divinità, uomini,
animali. La maschera quando non è indossata richiama ad una sacralità
contemplativa, è un’immagine distaccata dal turbinio delle emozioni, che
osserva ed incute rispetto, timore. Nel movimento si anima, nel guardarla
suscita emozioni più umane, spesso una sorta di tenerezza per la sua
mostruosità, perché spesso le maschere sono poco armoniche, e il gesto e il
movimento di chi le indossa trasmette un’immagine impacciata che chiede ascolto,
chiede di poter esprimere, chiede di vivere.
Spesso sorgono
delle difficoltà da parte di chi la indossa, sia perché
essa è rigida e ruvida, sia perché molto spesso all’autore non piace la sua
fattezza; la maschera non corrisponde all’idea che aveva in mente, è diversa,
è lontana dal progetto iniziale, interrompe la comunicazione verbale, sembra
che non c’entri nulla con quello che si sta facendo: la maschera chiede di
intervenire, far ascoltare la propria voce che è meno potente della parola ma
senz’altro più autentica. (Patrizia Battaglia, Sandra Pascale)
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