mercoledì 13 maggio 2020

Le maschere chiedono la parola

La maschera copre il volto della persona ma ne rivela altre qualità, quelle più nascoste, in essa vive, potenzialmente, quanto può essere portato alla luce. E’ un prodotto individuale, irripetibile che contiene le proiezioni dell’inconscio del suo autore. La sua forma, che evoca una rotondità di un mandala, racchiude istanze personali che raggiungono la finitezza solo quando il suo autore sente di averla completata. E’ importante, dopo la sua esecuzione, osservarla, spesso accade di non riconoscerla, o di non riconoscersi. Il contatto, l’osservazione evocano emozioni, ricordi, la concentrazione riporta a quel momento in cui si era soli, alla sua nascita. Riconoscerla vuol dire donarle credibilità, renderla una emanazione personale, indossarla vuol dire acquisire le sue potenzialità, la sua energia, identificarsi in quei tratti che la definiscono.
L’aspetto arcaico delle maschera costruite con la carta pesta rendono più regressiva l’esperienza. Spesso i volti sono quasi deformi ed evocano immagini primitive di divinità, uomini, animali. La maschera quando non è indossata richiama ad una sacralità contemplativa, è un’immagine distaccata dal turbinio delle emozioni, che osserva ed incute rispetto, timore. Nel movimento si anima, nel guardarla suscita emozioni più umane, spesso una sorta di tenerezza per la sua mostruosità, perché spesso le maschere sono poco armoniche, e il gesto e il movimento di chi le indossa trasmette un’immagine impacciata che chiede ascolto, chiede di poter esprimere, chiede di vivere.
Spesso sorgono delle difficoltà da parte di chi la indossa, sia perché essa è rigida e ruvida, sia perché molto spesso all’autore non piace la sua fattezza; la maschera non corrisponde all’idea che aveva in mente, è diversa, è lontana dal progetto iniziale, interrompe la comunicazione verbale, sembra che non c’entri nulla con quello che si sta facendo: la maschera chiede di intervenire, far ascoltare la propria voce che è meno potente della parola ma senz’altro più autentica. (Patrizia Battaglia, Sandra Pascale)



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